Stasera ho rifilato 8 decimi al secondo, che è stato zuluca, al kartodromo di Rozzano, quindi sono tornato primo come è normale che sia. Questa pista a me piace molto, mentre a carro non va giù. Chiaro, devo riprendere il giro veloce a buccinasco, che oggi era occupato da un’endurance.
A breve ci facciamo un GP a Rozzano, se qualcuno si vuole unire… forse siamo sotto il numero legale (8).
L’avevo archiviata da dicembre. Fenomenale. La consiglio a tutti quelli che se la possono permettere.
Di Formula 1 parlo solo domani dopo il GP. Per ora sembra troppo bello per essere vero. Incrociamo le braccia sul volante.
Questo coniglio è impressionista perché la foto con la videocamera è venuta com’è venuta. Un poco artistica. Oggi mi sono appassionato tra i fornelli come si vede.
Allora, preparazione del coniglio impressionista:
Come vino va bene un rosso semplice senza complicazioni, come un grignolino, io ho preso quello 2004 di Liedholm. E’ parente dell’ex calciatore e dell’ex allenatore? No. E’ proprio lui. Ha mandato affanculo il calcio e si è messo a fare vino, ottima scelta.
Data la vivacità del piatto, da combattere con le mani, suggerisco l’accostamento con due gare della SuperBike, come quelle di Philip Island vinte dai due Troy, Corser e Bayliss, e ovviamente forza Ducati.
Se proprio dovete invitare qualcuno, meglio maschio, le donne si rompono un po’ a rosicchiare il coniglio.
In questo periodo sono molto innamorato del branzino, noto anche come spigola, un pesce molto interessante per il suo sapore di carattere, per la facilità nel mangiarlo e la resistenza nel cucinarlo.
Stante il fatto che la soluzione migliore rimane secondo me quella sottosale, questa versione del branzino in giallo è uno dei vari accostamenti con un contorno che ho sperimentato. Sia esteticamente che come gusto questo col peperone giallo mi è piaciuto.
La preparazione prevede:
Col branzino stanno bene vini bianchi fermi giovani anche piuttosto fruttati perché comunque il branzino ha il suo carattere che non si lascia facilmente sopraffare da un vino. Io mi ritrovavo un Gavi Pisè 2004 dell’azienda La Raia e c’ho messo quello.
Seconda puntata del corso di sommelier che è anche una piacevole esposizione di istrionismo con velature di cabaret. Questo giro si è parlato di viticoltura, che è come se a uno che vuole fare il pilota spieghi com’è costruito un motore. Ai più intelligente non sfugge che è importante saperlo, e infatti ricordiamoci che Michael Schumacher è stato un meccanico, oltreché un lavamacchine (suo primo lavoro).
Alcuni concetti che Parmigiani, il relatore, ha esposto e che mi hanno colpito:
Quasi tutte le viti in circolazione sono metà americane e metà europee. Il pezzo di sotto, detto piede o porta innesto è americano, e il pezzo di sopra, cioè l’innesto che poi produce i grappoli, è europeo. Questo perché la vite americana, che è solamente ornamentale, è immune alla filossera, parassita che 200 anni fa devastò tantissimi vigneti in europa.
La velenosità di un prodotto è o acuta o cronica. Acuta significa qual’è la quantità di sostanza che assunta in solo colpo è letale. Cronica significa quanto tempo deve passare perché l’esposizione alla sostanza provochi dei danni.
L’agricoltura biologica usa lo zinco e il rame come antiparassitari. Si può bere un bicchiere di zinco e sopravvivere, al massimo viene la diarrea. Così si può bere un bicchiere di rame, e sopravvivere. Quindi bassa velenosità acuta. Tuttavia lo zinco e il rame persistono per decenni nella vigna e nella vite e quindi nel vino. Un decennio di esposizione allo zinco o al rame porta piuttosto probabilmente al cancro.
Nell’agricoltura normale si usano i fitofarmaci, cioè le medicine delle piante. Ora, il farmaco che chiamiamo Cazzilix, se me ne bevo un bicchiere crepo quasi subito. Tuttavia 20 giorni dopo la sua applicazione al vigneto sparisce completamente da vigna, vite e vino.
Nell’agricoltura geneticamente modificata, gli americani hanno fatto una vite che elimina la necessità di ricorrere allo zinco e al rame e anche ai farmaci, poiché la pianta è resa immune ai parassiti e alle malattie curate con queste sostanze.
Ora, quale è l’agricoltura più sana per l’uomo? Bella domanda eh? Non ditelo a me che sono anti-OGM e anti-americano, tuttavia ora ci rifletto anche io.
La degustazione non è nulla più che un linguaggio arbitrario per descrivere il vino, per conoscere i quali è fondamentale la memoria gusto-olfattiva.
Cioè, tu assaggi quel vino, quel giorno a quella ora. Sentirai un odore specifico. Per te è sterco di mammuth, ma il capo degustazione lo chiama sentore di viola. Ecco, il profumo per te rimane lo stesso, però gli cambi nome. Non importa che tu e il capo sentiate due cose diverse. L’importante è che alla stessa percezione relativa abbia lo stesso nome. E ancora più importante è memorizzare quell’odore. Così la prossima volta che lo sento lo riconosco, e se il mammuth è incazzato, scappo.
I vini di questo giro:
Che il secondo fosse un nebbiolo della valtellina l’ho beccato, ma era facile, sapevo che i vini erano tutti e tra lombardi, figuriamoci se ne poteva mancare uno della waltellyna. Assomiglia molto all’Inferno di Nino Negri che ne ho bevute talmente tante di bottiglie che mi si è stampato in testa. Soprattutto, stesso colore, almeno nella mia mente.
E ora il quiz.
L’anonimista non può partecipare perché sa già la risposta, ma non la può nemmeno spifferare a Erikx.
Nella foto ci sono i quattro bicchieri da degustazione del corso di sommelier. Considerando anche che ho detto quali vini abbiamo assaggiato nelle due lezioni, quali sono le differenze tra i quattro bicchieri?
Chi è Fiorenzo?
Fiorenzo Detti è il sommelier che introdotto il corso di primo livello dell’AISM che ho iniziato a seguire oggi.
Potrei parlare per due ore delle due ore del corso di stasera.
Ma sono le 00.46 e capite che domani lavoro e che se proprio volete il tempo reale potete anche iscrivervi al prossimo corso.
Comunque, in astratto uno pensa: vado a un corso di sommelier e ammirerò gli insegnanti per il loro talento nel valutare i vini.
Invece no. Valutare i vini è una questione di metodo. E Fiorenzo ce l’ha spiegato chiaramente. Per cui anche “sento un profumo di mela golden” dopo aver ricevuto una spiegazione appare non essere una cacchiata.
Fiorenzo invece l’ho ammirato per la dialettica, il carisma, l’eloquio, la proprietà di linguaggio, l’energia, la battuta, la prossemica, la capacità didattica, la percezione dell’umore dell’uditorio, e il discernimento tra concetti da imporre e argomentazioni per persuadere.
Non so null’altro di Fiorenzo, ma sicuramente è un grandissimo insegnante. Di quelli che si chiamano maestri.
Il secondo aspetto interessante è che prima di andare al corso ho evitato di:
Sarà stata la dialettica di Fiorenzo, sarà stata la suggestione per la situazione, sarà stata l’aria iperfiltrata e riciclata della sala, o sarà stato il RinoGutt che ha una funzione tattica essenziale col mio raffreddore cronico, ma io avevo una percezione degli odori e dei sapori come non me la ricordo da quando ero piccolo.
Se prima avessi fatto una delle cose sopra o se mi fossi respirato il maglione incrostato di ristorante dell’ufficio e del fumo degli altri, mi sarei rovinato il naso, la gola e qualcos’altro.
Vediamo se si ripete questa straordinaria esperienza iperpercettiva.
I vini di questo giro, erano:
Mi è piaciuto tantissimo lo spumante, godibili gli altri due.
Intanto, torno a casa e trovo la nuova iniziativa dell’indomita Laura, ovvero adotta Villa Carlotta, mentre scopro che il marito di Laura, Denis, sta facendo un blog con la storia della sua vita. E’ arrivato alla varicella 1978. Secondo me non è del tutto normale, ma non vorrei che Laura lo sapesse 🙂
Anche a lui qualche volta capitava di arrivare secondo com’è successo a me oggi.
Mi sono preso 3 decimi da Carro in una sessione di giri liberi a Buccinasco. Lui ha fatto il tempo migliore all’ultimo giro, quanto io avevo già finito e sul tabellone c’era prima il mio nome. Niente di drammatico, però a parte che c’era troppa gente in pista e non si riusciva a fare un giro pulito, comunque non ho guidato bene nemmeno per una tornata.
Non è la mia pista preferita, è sì tecnica ma è anche molto noiosa, una serie di curve infinite tutte troppo uguali come raggio. E’ giusto uno il tratto interessante, quello che dalla fine del rettilineo in fondo riporta verso traguardo attraverso una serie di curve progressive. Lì mi piace entrare a mille senza sfiorare il freno, mi da proprio ebbrezza.
Vuol dire che non sono giorni perfetti questi e mi rode arrivare secondo sui kart.
Intanto ieri, grazie alla babbina, mi sono fatto un giro qui:
Per chi si diverte coi quiz, il gioco è scoprire chi guida il kart della foto sopra, e qual’è la località sciistica nelle due foto qui sotto. Non ho messo, né tolto, nessun indizio. Fate Vobis
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