Cosa c’entrano questi personaggi tutti assieme ve lo spiego subito in questo post lunghissimo.
Sono coloro che ho dovuto affrontare nel mio consueto viaggio natalizio Milano – Nuoro via macchina/traghetto. Per quello mi trovavo a Genova Ovest quando sono stato chiamato da Vodafone come ho scritto nel post precedente.
Il viaggio di Natale 2005 (non è un film dei Vanzina), si colloca al secondo posto dopo quello Sapore di sale 2005 (anche questo non è di Vanzina, ma il mio viaggio di questa estate) nella classifica: e la nave va (senza di me).
Anche questa volta ho infatti ho rischiato di perdere il traghetto.
Questa estate era dovuto a una coda aristotelicamente immobile che si snodava dalla biforcazione Livorno / Genova Ovest che c’è sulla A7, dovuta probabilmente al fatto che i pochi euro e il tanto terrorismo hanno spinto la gente ad andare in Sardegna anziché a Sciarmelsceic (sì lo so che mi perdo la keyword su google, ma chissenefrega).
Questo inverno invece si sono sommati una serie di fattori. Obiettivo: tragehtto per Olbia delle 18.
Il primo è il fattore Albertini che in questi otto anni ha cantierato Milano, spesso in maniera opinabile.
Nello specifico c’è poco di opinabile, ovvero la costruzione della preferenziale da piazzale Zavattari a Piazza Napoli (auspicabile che arrivino anche a piazzale Lotto). Ebbene, iniziati da circa 6 mesi, costruita la sede stradale in un mese, questi lavori ora sono incancreniti apparentemente in cavolate tipo le aiuole visto che in 5 mesi è ancora tutto un cantiere, per cui percorrere Milano da nord a sud sul fianco ovest è un delirio.
La chicca è quella rotonda assurda che hanno costruito in piazza Bolivar, praticamente un imbuto dove rimangono tutti incastrati, soprattutto se c’è un vigile che opera in palese contraddizione col semaforo.
Uscito di casa alle 15, ho imboccato la A7 a Famagosta solo alle 16. E che cazzo.
Questo mi ha portato a giocarmi svariati punti della patente, anche perché sempre la A7 è mezzo cantierata (e anche qui ritorna Albertini, ma pure Penati), di quei simpatici cantieri di cui non si capisce il motivo, ovvero storture con strisce gialle che spostano la sede stradale di 20 centimetri lasciando il tracciato identico e hanno il limite di 60 km/h. Forse devono rasare l’erba a bordo strada come fanno in Svizzera.
Ma il top del top lo devo ancora una volta ai signori Benetton, proprietari con Autostrade per l’Italia, del tratto di A7 che va da Serravalle a Genova, e in particolare al casello di Genova Ovest, uno dei punti più incasinati di tutta la rete autostradale italiana.
Un classico di questo casello è che solitamente non funziona un cazzo. Il metodo più sicuro per passare il casello in maniera veloce non è quello di avere il telepass, ma di avere un bulldozer.
Tuttavia essendone io sprovvisto, giungo all’uscita alle 17.20 e mi infilo in una corsia viacard con davanti a me: un auto, un camion, un auto, e dietro a me un altro camion.
Tanto per cambiare come mi succede SEMPRE a Genova Ovest, il casello va in tilt per cui la fila rimane bloccata. Mi consolo: nemmeno quello di fianco funziona, o meglio, per pagare con la viacard ogni macchina ci mette 2 minuti.
Questo stesso casello me lo ricordo l’anno scorso quando aveva ingurgitato la carta di credito di un turista che ha tirato le bestemmie più creative che io abbia mai sentito.
Comunque la sequenza dei fatti al mio casello è stata: bloccato per 10 minuti con la prima auto davanti, a cui poi è stato aperto. Va avanti il camion rumeno ma si blocca di nuovo per parecchi minuti, intanto con fatica cerco di fare retromarcia col camion che ho dietro per cambiare fila, ma il semaforo del casello diventa rosso e la sbarra di ingresso mi imprigiona dentro. Inizio a suonare il clacson come Gassman ne Il Sorpasso, cioè sempre. Il camionista rumeno sicuramente non sa che cosa fare, soprattutto che non esiste un citofono da chiamare per dire: aprimi cazzo!
Alla fine aprono al camionista, il tipo in auto davanti a me si fa aprire, arrivo io, vedo che il biglietto non lo prende nemmeno, citofono all’omino e gli dico: aprimi questo accidenti di sbarra!!! E quello: aspetta che lo aggiustiamo. E io: e no aspetta un cazzo che devo prendere il traghetto e sono sequestrato qui dentro da 20 minuti, fammi la cazzo di foto e fammi andare!!!
E così ha fatto e mi sono preso il flash. Ora sono curioso di vedere cosa mi arriva a casa, visto che loro non lo sanno dove sono entrato.
Per la cronaca quando passo al casello ormai una su due mi fotografano. Spesso i motivi mi sfuggono. E soprattutto non c’è scritto da nessuna parte perché lo facciano. Prima o poi scrivo ad autostrade per sapere cosa se ne fanno del fotoalbum.
Insomma esco che sono le 17.50 e ho 10 minuti per arrivare all’imbarco facendo lo slalom tra quelli che sono a Genova per la prima volta e quindi si piantano in mezzo alla strada che tutto svincoli perché non sanno dove andare.
Alle 18 precise mi presento all’ennesimo imbuto, quello della banchina, perché con tutto lo spazio che c’è al porto di Genova, giustamente, le auto le devi far passare da un imbuto dove ne passa una alla volta (imbarco 10 per la cronaca). Infatti il traghetto parte con un’ora e mezzo di ritardo. Fanculo a tutti.
Comunque l’importante è essere salito.
Entro in fase relax, anzi, noia totale che assale ogni viaggiatore abituale tirrenia, cioè i sardi come me, mentre i continentali si distinguono sempre oltre che perché sprovvisti di lattina di birra, affrontano il traghetto come se fosse una crociera ai caraibi.
Una delle mie rare ancore di salvezza è il cinema di bordo (o meglio, il videoproiettore di bordo). Con piacere vedo che c’è un film di Pupi Avati, La Rivincita di Natale, un film del 2003 che è un seguito del suo Regalo di Natale del 1986.
Ebbene questo sequel è una porcheria di livelli cosmici, una schifezza immonda di film.
Mi chiedo come il regista dell’incommensurabile La casa dalle finestre che ridono abbia potuto girare uno scempio del genere.
Tra i punti peggiori segnalo l’arrivo di Abantuono in macchina a Bologna, le cui riprese e il montaggio sono peggiori di quelle che potrebbe fare il Tg regionale commentando il problema del traffico in tangenziale.
Il soggetto non è male, ma la realizzazione è veramente penosa sotto tutti i punti di vista.
Quindi mi consolo con l’esegesi del sacchetto tirrenia che vedete in foto.
Ora, capisco le differenti forme prescrittive in uso nelle diverse lingue, intimidatorie o meno, ma qualcuno mi vuole spiegare perché nel caso dello spagnolo sia necessario supplicare le signore di non buttare l’assorbente nel cesso?
Oppure, perché l’Italia è l’unico paese che prevede che il ruolo di pulizia delle cabine sia affidato sia a maschi che a femmine (“il personale”), mentre in tutti gli altri casi si usano tutti termini femminili (la femme de chambre, Zimmermadchen, Chambermaid, Camerera)?
Non era l’Italia il paese dei maschilisti e dei maschilismi?
Ancora assillato da questi irrisolvibili misteri, la mattina allo sbarco vengo fermato dal solito finanziere continentale.
Ora: quando tu attraversi il confine tra la Lombardia e il Veneto, vige il trattato di Schengen, così come tra Marche e Abruzzo per esempio, ma anche tra Italia e Francia, o tra Italia e Austria.
La Sardegna invece pare essere uno stato estero con tanto di dogana. Vieni sistematicamente controllato come al confine tra India e Pakistan.
Il finanziere continentale mi fa accostare, mi chiede i documenti, mi chiede da dove vengo e dove vado, che potrei anche non dirglielo visto che non sono cazzi suoi e che non ha un mandato, mi chiede anche che lavoro faccio a Milano, e anche questo glielo dico ma magari se mi offrisse un caffè per la mia gentilezza nel rispondere sarebbe meglio.
Poi mi fa scendere dalla macchina e mi fa aprire il bagagliaio e inizia il solito discorso del cazzo che ho già sentito 20 miliardi di volte: siamo dell’antidroga, dimmi subito se ne hai che è meglio, perché se la troviamo noi è peggio.
Questa frase è un’autentica cazzata, infatti da un punto di vista penale non cambia nulla, se uno detiene sostanze stupefacenti è comunque un reato. Mentre mi dice queste cose, mi fissa gli occhi come se cercasse il disegno di una foglia di marjuana nei miei occhi. E’ talmente impegnato in questa esplorazione della pupilla per capire se sono drogato o meno che faccio una fatica pazzesca per non ridergli in faccia, mentre gli dico placidamente di non avere proprio nulla da dichiarare.
Quando poi vede il bagagliaio della mia macchina stracolmo di roba, molla scoraggiato e mi restituisce i documenti. Volevo dirgli: eh no e che cazzo ora ti apri tutti i miei bagagli, ti annusi tutta la valigia fetida pieno di mutande sporche e calze radioattive che non avuto tempo di lavare a milano, e che diamine!
Insomma, che cazzo mi rompi l’anima se poi non controlli veramente? Non avevano nemmeno il cane antidroga.
Allora se come cittadino pago le tasse anche per la sicurezza e perché venga rispettata la legge, fate i controlli seriamente, altrimenti è tutta una messa in scena per rompere le palle ai sardi che tornano in Sardegna.
La prossima volta gli dico: se la trovi te la regalo. E soprattutto vaffanculo a Berlusconi.