Come riportato su Momento Angolare…
…Savoia, Ghira e Boche!!!
Come riportato su Momento Angolare…
…Savoia, Ghira e Boche!!!
A me i Savoia sono sempre stati sugli zebedei. Sempre. Hanno la connotazione di “ricco e me ne fotto” che non ha neanche Berlusconi. Che si ricorda che, un tempo, forse, fu non dico povero… ma quasi.
No. Non si ricorda. Però, per starmi sugli zebedei piu’ di Berlusconi ce ne vuole.
Cioè…
Il Berlusca almeno pecca di santa innocenza quando vuole fare il simpatico a tutti i costi. In fondo sa che se non viene eletto finisce in galera.
I Savoia pensavano di non essere di questo mondo.
Io spero tanto che il Principe sia innocente… se no, giuro, vado a trovarlo dove lo mettono…
“… e fatemi vedere il Principe…”
da CorSera…
«Gli affari con Roma? L’intervento del principe ha sbloccato tutto»
All’origine c’è la necessità di organizzare la truffa dei video-giochi, la voglia di guadagnare soldi — tanti soldi — e qualche abitudine sessuale, come quella di preferire le bionde. L’intreccio tra la «banda» che doveva piazzare le macchinette truccate nei casinò e nei bar con Vittorio Emanuele di Savoia nasce da lì, come si evince dalla telefonata del 30 novembre 2004 tra il principe e Ugo Bonazza, l’anello di congiunzione con i promotori dell’affare. A chiamare è il principe.
Vittorio Emanuele: «Sto andando a Milano, in città… e adesso c’ho tre quarti d’ora… e volevo andare a puttane».
Bonazza: «Se mi chiamava stamattina (ride) vuole andare?… Dica dica».
V. Emanuele: «Andare sempre, come si chiamava quella là?».
Bonazza: «Alice, Alice».
Bonazza fornisce l’indirizzo: «È lì, suona il campanello, numero 18, c’è scritto Yoga, si ricordi…».
V. Emanuele: «Gli do 200 euro e non di più, eh?».
Bonazza: «No, no, anche niente (…). Gli faccia un salutino, un bacino e basta. Gli dica che mi arrangio io, dopo». Poi cambia argomento: «Senta, mi permetta adesso una parolina sola di lavoro. Una cosa (…). Io avrei bisogno che lei mi presentasse, o se lei potesse parlare con un generale, qua, della Finanza, perché c’è un grosso affare, business, grosso, grosso, grosso».
V. Emanuele: «Ma cosa vuole? Chi vuole?… Un carabiniere o una fiamma gialla?».
Bonazza: «Fiamma gialla, fiamma gialla».
V. Emanuele: «Ok, sarà fatto».
In un’altra occasione, nel giugno 2005, dopo un colloquio con Vittorio Emanuele, Bonazza telefona a una ragazza, Sonia.
Bonazza: «Sei libera stasera?… Ci sarebbe da andare a Ginevra… praticamente la persona è importante(…). Vabbè posso dirti, è il principe Vittorio Emanuele di Savoia».
Sonia: «Uhm, uhm».
Bonazza: «Sei italiana te?».
Sonia: «Uhm, di origine. Per metà solo. Sono araba per metà». (…) Bonazza: «Come sei? Alta, bassa, piccola giusta? Ah?».
Sonia: «Sono alta un metro e settanta».
Bonazza: «Però! Buono! Giovane?».
Sonia: «Ventidue anni». I due si accordano per risentirsi e organizzare la serata.
LE TANGENTI
Ma per gli affari che interessano ai soci di Vittorio Emanuele la Finanza non serve, è a Roma che bisogna muovere le acque. I Migliardi confidano in Vittorio Emanuele — «il principe tutte cose sblocca» — ma poi qualcosa s’inceppa, e Bonazza lo comunica all’erede Savoia il 14 dicembre.
Bonazza: «A Roma hanno bloccato tutto, non so per cosa…».
V. Emanuele: «Bah, perché sono i soliti stronzi!».
Bonazza: «I soliti stronzi italiani anche qua!».
V. Emanuele: «(…) Mi deve dare il prezzo reale».
Bonazza: «Tutto quanto, tutto, tutto».
V. Emanuele: «Il prezzo con la commissione sopra».
Stando a molti altri elementi raccolti dall’accusa, Vittorio Emanuele è coinvolto a pieno titolo nell’affare ed è lui a mettere fretta, come Bonazza dice al segretario dei Savoia, Gian Nicolino Narducci. Il quale sbotta: «Perché lui… ha questa bramìa di guadagnare»; in un altro colloquio è quasi irriverente: «Lui sai, incomincia a pensare a dollari… Sai che Paperone aveva i dollari negli occhi? Lui lo stesso».
L’affare, secondo la ricostruzione di pubblico ministero e giudice, va in porto attraverso la corruzione che giunge fino ai Monopoli di Stato, passando per il mondo politico romano a cui fanno riferimento gli «intermediari» come il «faccendiere» Achille De Luca. Ci sono consegne di soldi filmate dagli investigatori e ci sono accenni a «pasticcini» e «frutta» che nascondono le tangenti. Il 4 febbraio 2005 Gian Nicolino Narducci telefona a De Luca che gli dice: «L’intervento del principe ha sbloccato tutto… Lui, in più verrà servito diversamente, perché gli verrà favorito in altri modi, oltre quelli che ci ha chiesto, hai capito?».
Nel frattempo Vittorio Emanuele aveva avviato altri progetti, compresi affari in Libia di cui parla direttamente con Rocco Migliardi il 25 ottobre 2004.
V. Emanuele: «Glielo voglio dire poi, è sempre… io ho parlato giù, vero? In Libia».
Migliardi: «Sì?».
V. Emanuele: «Con quella gente lì… Tutti d’accordo. Loro sarebbero d’accordo di vederci per dargli l’esclusiva… L’esclusiva totale per quel Paese».
Migliardi: «È una cosa buona».
V. Emanuele: «E che nessun altro possa fare chicchessia, soltanto lei (…). “Il gioco è la cosa che ci diverte di più e c’era già, è stato tolto e noi adesso lo riprendiamo”. “Noi” vuol dire il figlio. Il figlio del numero uno di…».
Migliardi: «Mi ha già detto qualcosa lì».
V. Emanuele: «È il figlio di Gheddafi, con cui ho… (…) Dirò che lei è perfettamente d’accordo, che abbiamo visto eccetera, e che siamo perfettamente d’accordo di andare avanti».
Migliardi: «Sì».
V. Emanuele: «Ho chiesto a loro se volevano avere il 49, 51, o meno o di più,. Ha detto “questo è da trattarsi”».
VISITA A BERLUSCONI
Il figlio del «re di maggio», però, vuole anche sbloccare la questione relativa all’eredità dei Savoia, per la quale è in atto una vertenza con lo Stato italiano. Per ottenere appoggi Vittorio Emanuele va a parlare con l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e il 30 gennaio 2006 riferisce a tale Giudici, che i magistrati indicano come «persona da identificare».
V. Emanuele: «In tutto questo casino mi ha ricevuto subito, eh, Berlusconi, e allora ho detto, signor presidente, non possiamo permetterci il lusso di perdere queste elezioni».
Giudici: «Assolutamente».
V. Emanuele: «Tutti gli amici devono andare a votare, devono votare Forza Italia e la destra, se no siamo nel culo… (…) Bisogna che ci vadano tutti, perché le sinistre, loro figli di puttana ci vanno».
Giudici: «Vabbè, i bolscevichi vanno sempre».
V. Emanuele: «I bolscevichi (sorride) loro ci van sempre, capisci? E allora bisogna assolutamente che questa storia cambia, adesso… Ha detto sì, infatti è uscito su tutti i giornali Vittorio Emanuele prende posizione».
Altri apprezzamenti di tipo politico il principe li aveva riservati un anno prima, commentando col segretario la drammatica liberazione di Giuliana Sgrena, al quotidiano il manifesto.:
«Come si chiama quel giornale lì?… È carta abbastanza buona per pulirsene…».
Narducci: «Ma neanche, perché le rimane poi sempre il nero su per il culo… l’inchiostro non è un buon inchiostro».
V. Emanuele: «Sono proprio degli stronzi… No, di avere questo anti-americanismo…».
Di elezioni Vittorio Emanuele parla con l’attore Pippo Franco, candidato al Senato nella lista Dc-Psi, il 23 marzo 2006.
V. Emanuele: «Bisogna darci da fare, bisogna riuscire, bisogna fare… Siamo tutti sulla stessa barca…».
Pippo Franco: «Sì, sì, sapevo della sua adesione all’idea».
V. Emanuele: «(…) C’è Rutelli che ride… che scherza … che insulta… il nostro ministro del Tesoro eccetera… (…) Un po’ di dignità … ci dovrebbe essere…».
Franco: «Eh… ma non c’è principe, purtroppo…»(…)
V. Emanuele: «Poi c’è un’altra cosa spaventosa e e… sono questi… come lo dicono… comunismo al caviale dicono (ride)».
Franco: «Ah, sì, sì, vero».
V. Emanuele: «D’Alema ha la barca a vela più bella di chiunque… D’Alema ha i conti in Lussemburgo, se non lo sa. Questo lo so io».
Franco: «Ah bene… Chi è senza peccato scagli la prima pietra principe… Ma loro l’hanno dimenticato, e soprattutto negano le radici…».
I NO GLOBAL
In molte conversazioni si fa riferimento a esponenti delle forze dell’ordine, una volta il segretario del principe parla «dei carabinieri che servono a noi, che ci fanno sempre dei favori». Vittorio Emanuele ha bisogno d’aiuto soprattutto quando deve passare la frontiera. L’1 novembre 2005 dice a un personaggio chiamato Pico: «Sono a Milano, rientro per giovedì… volevo sapere se giovedì il nostro amico è alla frontiera… mi fa passare…», e Pico assicura: «Non c’è problema. Io chiamo… e poi la richiamo e glielo dico». Ma a febbraio 2006 Vittorio Emanuele è preoccupato per quando suo figlio porterà la fiaccola per le Olimpiadi invernali di Torino. Il 9 febbraio parla con una «voce maschile».
V. Emanuele: «Allora se questi non global fan qualcosa li menano, spero».
Voce: «Li meniamo tutti guarda, gli spacchiam la schiena».
V. Emanuele: «Gli spacchiam la schiena tutti (ride)».
In una telefonata del luglio 2005 mentre si trova sull’isola di Cavallo, il principe si lascia andare a «commenti sprezzanti e triviali» sui sardi: «Sono pezzi di merda… Quei sardi lì, l’unica cosa che sanno fare, inculano le capre… E poi puzzano la stessa cosa».
Tornato dalle vacanze, a settembre, col segretario discute della partecipazione a un’iniziativa milanese in favore di un’associazione che raccoglie fondi per i minori. Narducci dice: «Speriamo che ci sian delle belle bambine, così le sodomizziamo», e il principe chiosa: «Subito, sì, urlando!».
Giovanni Bianconi
19 giugno 2006
i savoia hanno dimostrato da soli quello che sono ovvero razzisti (non dimentichiamoci che i savoia sono responsabili degli atti ignobili contro gli ebrei responsabili di tante morti solo per quello al posto loro proverei immensa vergogna),assassini,disonorevoli nei confronti di una gloriosa nazione come l’ italia.savoia fate schifo anche se non avrò mai un decimo del vostro patrimonio potrò comunque essere fiero dell’onestà e dell’amore verso il prossimo che la mia terra mi ha insegnato W LA SARDEGNA
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